lunedì 25 agosto 2008


Franco Prantera, il quinto arto, Ibiskos Editrice Risolo, 80 pp., Euro 11,00.
Questo piccolo e prezioso testo si legge con una sorta di curiosità che predispone verso una lettura impegnata da una parte a rintracciare nel testo ascendenti filosofici- religiosi molto chiari, dall’altra a cogliere, in modo altrettanto chiaro, quello che è il pensiero dell’autore.
Il libro si suddivide in sette capitoli: La religione, I cristiani, La sessualità, Il possesso, L’Arte, La libertà, Dio.
Nella sostanza questa suddivisione non si discosta da una linea che presenta come maggior pregio la facile ed accessibile leggibilità, impostando una convincente soluzione di compromesso tra i criteri tradizionali di approccio ai diversi argomenti e la capacità dell’autore di esplorare ogni dettaglio con il suo particolare punto di vista.
La pluralità delle dottrine, delle problematiche, dei linguaggi viene introdotta nelle maglie di uno schema teoretico unitario e ciò che si respira alla fine è un retromondo fittizio quasi totalmente oscurato dal mondo reale con le sue regole dettate perlopiù dalle influenze dei poteri forti.
“Ritornare ad uno stile di vita più naturale – scrive Prantera – è essenziale per ritrovare la vera sostanza del nostro spirito e con esso la percezione di Dio.”
Questa affermazione rappresenta un po’ il nucleo centrale dell’intero pensiero dell’autore anche quando poi si allarga verso le sue diverse sfaccettature.
C’è un libro che io amo molto, Les Grands Initiés, di Edouard Schuré.
Ebbene, dalla profonda lettura che l’opera di Prantera ha richiesto, mi è venuto quasi naturale pensare all’opera di Schuré e a quel particolare capitolo dedicato a Ermete.
Il nome di Ermete, il misterioso e primigenio iniziatore dell’Egitto alle sacre dottrine che i greci, discepoli degli egiziani, chiamarono Ermete Trimegisto, o Tre Volte Grande, per la sua triplice funzione di sovrano, legislatore e prete, è legato ad una figura che “vide la totalità delle cose e, vistala, comprese; e con la comprensione acquisì la forza di testimoniare e di rivelare.”
Nel capitolo che Schuré dedica ad Ermete ad un certo punto si legge:
“Alla base dell’antica iniziazione c’era una concezione più sana e più elevata della nostra. Noi abbiamo dissociato l’educazione del corpo da quella dell’anima e da quella della mente. Le nostre scienze fisiche e naturali, pur di per sé molto avanzate, fanno astrazione del principio dell’anima e della sua presenza nell’universo; la nostra religione non soddisfa le esigenze della mente; la nostra medicina ignora l’anima e lo spirito. L’uomo di oggi cerca il piacere senza la felicità, la felicità senza la scienza e la scienza senza la saggezza. Il mondo antico non ammetteva che le tre cose si potessero separare.”
Da qui, il divenire, soprattutto nella nostra civiltà occidentale, è visto ancora come estrema minaccia, caos, e anche dolore.
Gran parte della filosofia contemporanea è sempre più caratterizzata dalla dissoluzione della metafisica con il relativo trionfo dello scetticismo che ci tiene ancorati ad una realtà che comprendiamo soltanto alla superficie.
L’uomo, infatti, profondamente nulla sa di se stesso. E pare non preoccuparsi più di tanto di saperne di più.
Alla fine il maggior pregio di un testo come questo che Prantera ci propone è quello di aiutarci a capire ciò che eravamo, ciò che siamo e dove stiamo andando.
Sicuramente, attraverso le riflessioni che stimola, può essere, in qualche modo, un rimedio all’appiattimento culturale del nostro tempo e favorire sicuramente, attraverso la lettura, una rigenerazione di tutto il nostro essere fisico, morale ed intellettuale.


Bonifacio Vincenzi

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